Come spiegano Francesca Della Giovampaola, redattrice del diario di permacultura BOSCO DI OGIGIA, e la botanica e insegnante di foraging Wateki Taliana Tobert, molte erbe e tanti fiori che crescono spontaneamente in prati, boschi e anche campi, orti e giardini coltivati sono commestibili, anche gustose e nutrienti.
In passato la conoscenza di queste piante era molto diffusa, anche perché costituivano una risorsa alimentare preziosa, soprattutto nei periodi di carestia, guerra e pestilenza… come infatti abbiamo “riscoperto” nel 2020, quando l’emergenza sanitaria ci costringeva al distanziamento sociale.
PER RICOMINCIARE “CI VUOLE UN FIORE” – Alla pratica del foraging, ovvero raccolta di piante e fiori eduli, è dedita l’Accademia Erbe Campagnole Spontanee, nel cui sito una pagina di recente pubblicazione spiega le origini del termine scientifico fitoalimurgia: «deriva dalla contrazione del latino alimenta urgentia, cioè nutrimento in caso di necessità, a cui è stato aggiunto il prefisso fito per indicare che si tratta di piante (…) nel 1767 venne pubblicato un libro con le notizie riguardanti ciò che veniva usato dalla popolazione per sfamarsi durante le carestie (era appena passata quella del 1764), le pestilenze, le guerre, le calamità naturali; eventi che impedivano la consueta coltivazione dei campi con relativo raccolto. Chi scrisse questo De Alimenta Urgentia con sottotitolo “alimurgia, ovvero modo di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dei popoli” fu Giovanni Targiotti-Tozzetti, medico fiorentino allievo del botanico Pier Antonio Micheli e custode del Giardino dei Semplici di Firenze…».
REPERTORIO DI ERBARI