Simboli della bontà e della bellezza ed emblemi della prosperità, spighe e fiori contrassegnano i riti commemorativi del suo miracolo: la prodigiosa maturazione del grano in un gelido inverno durante una carestia
L’effige che lo raffigura come patrono di un paese del Monferrato mostra il vescovo aragonese stagliarsi nel panorama rurale con lo sguardo rivolto oltre l’orizzonte, così verso la prospettiva del futuro sereno rappresentato dal cielo limpido, mentre con una mano regge l’abito liturgico, cioè l’emblematico mantello piviale, ovvero para-pioggia, e con l’altra un bastone pastorale (vincastro episcopale), una palma del martirio e la “sua” spiga di grano. Inoltre, tenendo l’indice allineato alla verga e puntato verso il suolo ai suoi piedi, con la mano che impugna la piantina di frumento fa una gesto esplicito e inequivocabile: indica il terreno, visibilmente incolto, per segnalare che è adatto ad essere arato e seminato, così diventare fertile come il campo dove il suo corpo giacente insepolto era stato trovato durante la mietitura del provvidenziale raccolto fuori-stagione. Altrove san Valerio di Saragozza fece altri miracoli, alcuni simili, come far sgorgare una sorgente d’acqua da una roccia battendo la pietra con il bastone pastorale, e analogamente ad altre leggende di cui è protagonista anche il suggestivo racconto ambientato in Monferrato rammenta di avvenimenti di cui lui a volte è artefice, altre invece vittima o testimone, comunque sempre una figura di spicco e di riferimento, delle cui orme si trovano multiformi tracce, impronte e proiezioni. L’elenco di partecipanti attesta che il Valerio a capo della diocesi di Saragozza era presente al Concilium Eliberritanum – il sinodo che in data imprecisata tra il 300 e il 306 d.C. riunì a Elvira (Granata) 19 prelati ispanici e in cui vennero gettate le fondamenta della chiesa ispanica ed enunciati principi e dogmi a caposaldo della dottrina cristiana – ma questo è l’unico documento che lo menziona. Il poeta Prudenzio – anche lui oriundo di Caesaraugusta (Saragozza – fondata tra il 25 e il 23 a.C. da Cesare Augusto) e autore del Peristephanon liber, un’antologia di inni dedicati ai martiri cristiani composta intorno al 405 – afferma che il suo concittadino condannato all’esilio ai tempi dell’impero di Diocleziano (284-305) era un patrizio, la cui famiglia trasferita nella Hispania Tarraconensis nel III secolo apparteneva alla gens Valeria, una casata romana florida, potente e longeva, che dalla fondazione dell’urbe fino alla fine dell’impero ha dato natali a tanti celebri “valeri”.
Tutte basate su fonti orali o indirette, le agiografie specificano che il vescovo Valerio di Saragozza era noto con un epiteto, “il Balbuziente”, di cui danno varie spiegazioni – un carattere taciturno, un difetto fisico congenito, una menomazione subita a causa delle torture,… – o citano senza motivazione, poiché in romano era l’appellativo indicante un barbaro, e forniscono informazioni divergenti sulla località dove visse in esilio, sulle circostanze della sua morte e sul ritrovamento delle sue spoglie. Secondo la tradizione spagnola, finché nella penisola iberica dominarono visigoti e arabi, cioè dal V all’VIII e poi fino al XII secolo, le sue reliquie rimasero celate nel castello di Estada, dove vennero miracolosamente rinvenute, e furono traslate prima alla cattedrale di Roda de Isábena nel 1065 e poi, allorché la città-simbolo della reconquista diventò capitale del regno d’Aragona, nella “sua” Saragozza, di cui è il patrono e che lo commemora il 29 gennaio. Nel calendario liturgico il suo onomastico ricorre il 28 gennaio, anche il 31 ottobre, nella cui notte si festeggiano la veglia di ognissanti (in inglese All Hallows Eve / Halloween) e il capodanno celtico (Samhain), inoltre il 22 gennaio, in questa data aggregato al principale santo del giorno, Vincenzo di Saragozza, il “suo” diacono, condannato a morte perché allievo, assistente e portavoce dell’autorevole vescovo maestro di teologia. E proprio il 22 gennaio in Monferrato avvenne la straordinaria sequenza di eventi eccezionali, prima la miracolosa maturazione del grano, poi la sorprendente scoperta del corpo del vescovo ispanico, quindi la pacifica contesa per la custodia delle sacre reliquie tra le comunità che da allora, però chissà-quando, venerano san Valerio di Saragozza come proprio patrono e celebrano le tradizionali cerimonie in suo onore simultaneamente, ma ciascuna a modo proprio…
22 GENNAIO : UNA GIORNATA SUI GENERIS
A Casorzo, comune astigiano la cui chiesa parrocchiale è dedicata a san Vincenzo di Saragozza, il 22 gennaio si tiene una sagra, la Fiera di San Valerio, che esalta il perdurante beneficio del miracolo compiuto dal vescovo aragonese in Monferrato, cioè l’abbondanza di raccolti in campi, frutteti e, in particolare, vigneti dove si coltiva una particolare e specifica varietà di uva Malvasia con cui viene prodotto il rinomato vino rosso rubino fermo, spumante e passito D.O.C.. Il santo protettore del borgo e del terroir invece è san Vincenzo di Saragozza, anche il patrono dei vignaioli festeggiato in Borgogna, dove i viticoltori sono aggregati in confraternite che dai tempi più remoti del medioevo organizzano le tradizionali processioni del 22 gennaio e dal 1938 anziché tante piccole un’unica enorme sfilata delle rappresentanze e spettacolare kermesse enologica. Questa coincidenza non può essere casuale perché, entrambi aragonesi, perseguitati insieme e venerati nello stesso giorno, i due santi sono uniti anche da un legame “speciale”: il significato della spiga di grano di Valerio e del grappolo d’uva di Vincenzo, cioè dei simboli raffigurati in effigi, emblemi e insegne che li identificano come patroni delle comunità rurali, anche una diade evocativa del pane e del vino eucaristici.
Le manifestazioni monferrine del 22 gennaio sono tradizioni mediante le quali le comunità locali hanno tramandato molteplici eredità culturali, indissolubilmente religiose, artistiche, materiali – in particolare il patrimonio ambientale, tra cui il paesaggio vitivinicolo dal 2014 vantato come una “ricchezza” insignita del titolo UNESCO che ne attesta il valore universale – e tecniche, come il “bagaglio” di conoscenze nei campi dell’agricoltura.
Mentre a Casorzo si svolge la fiera, che offre l’opportunità di confronti e scambi molto proficui, a Lu e a Occimiano la giornata trascorre al ritmo della liturgia, con cerimonie celebrate contemporaneamente, però diversamente, in ciascuna località praticando attività differenti e all’insegna di una specifica insegna distintiva dello stesso patrono.
Nelle strade del borgo in collina sfila la processione con ostensione delle reliquie conservate nella cripta della chiesa parrocchiale, nel corteo vigilate dai cavalieri templari ed esibite insieme alle caratteristiche picche adornate con i bouquet di fiori di san Valerio, boccioli di carta colorata appositamente realizzati per l’occasione e, al termine della manifestazione, donati ai suoi partecipanti.
Nella chiesa del paese in pianura viene svolto un ciclo di riti in cui l’emblema del santo rappresenta un bene o un beneficio e raffigura il valore del ruolo di ogni generazione della comunità: la benedizione delle forme di pane sagomate a spighe di San Valerio e delle opere realizzate dagli Artisti per san Valerio; la consacrazione dei “germi di grano”, i germogli di san Valerio sbocciati dai chicchi affidati ai bambini all’Epifania, la sfilata dei giovani araldi di san Valerio, che durante l’anno ricevono la Prima Comunione e diventano maggiorenni, e la consegna della spiga d’argento a un adulto o anziano meritevole di riconoscenza.
SAN VALERIO A OCCIMIANO NEL 2022
Le celebrazioni quest’anno sono state officiate insieme al vescovo emerito di Mondovì, monsignor Luciano Pacomio, che ai presenti – tra cui una delegazione dei cavalieri dell’Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro e il sindaco di Occimiano, Valeria Olivieri – ha ricordato che san Valerio di Saragozza impersona un “uomo del coraggio” e, come patrono, “il primo parente” di tutti i concittadini. Inoltre, ha benedetto le opere del torinese Emiliano Cavalli e dei monferrini Isabella Bocchio, Juan Sebastian Canetti, Anna Maria Marinotto Miglietta e Lucia Caprioglio, recenti realizzazioni aggiunte alle precedenti raccolte con lo sviluppo del progetto Artisti per San Valerio promosso da don Gian Paolo Cassano, parroco di Occimiano dal 2001. L’iniziativa del sacerdote, anche un accurato ricercatore nei campi della storia e un attento osservatore del mondo attuale, ha colto l’interesse di numerosi pittori, scultori, grafici, designer, artigiani e creativi, che si sono cimentati nell’interpretazione dell’effige del santo e nella rappresentazione di idee ispirate dalla sua figura iconica, così formato la collezione, curata da Pier Giorgio Panelli, di circa 70 opere che dal 22 gennaio 2019 sono in esposizione permanente alla Galleria San Valerio allestita nella sacrestia della chiesa parrocchiale.
Adeguandosi alla contingenza, per la raccolta di offerte devolute a sostenere le attività sociali e assistenziali svolte a beneficio della comunità, anziché organizzare il consueto banchetto conviviale la ProLoco di Occimano e la ditta BioOrto hanno preparato una pietanza invernale tipica della cucina locale – pasta e ceci con piutin (coda e orecchie di maiale) – e il gruppo territoriale di alpini veterani ha allestito il banchetto di distribuzione e consegnato ai donatori le porzioni confezionate in contenitori biodegradabili.
Inoltre, in collaborazione con Poste Italiane, intervenuta nell’ambito dei Programmi di filatelia nei “piccoli comuni”, quest’anno i festeggiamenti sono stati contrassegnati con uno speciale annullo filatelico (che fino al 25 aprile si può effettuare presso agli sportelli della Posta Centrale di Casale Monferrato / piazza Cesare Battisti, 25) per cui sono stati realizzati una cartolina, stampata in tiratura limitata, e il timbro raffigurante la sagoma della chiesa di Occimiano, un pregevole esemplare di architettura barocca, la cui costruzione iniziata nel 1486 terminò tra il 1550 e il 1560 e all’interno custodisce alcuni tesori artistici e archeologici. Tra i dipinti spicca una tavola (Madonna con bambino e le devote santa Caterina e sant’Orsola – 1580) di Bernardino Lanino, pittore piemontese che alla bottega del milanese Gaudenzio Ferrari aveva appreso alcuni “segreti” delle tecniche pittoriche di Leonardo da Vinci. Lanino è anche l’autore del quadro – Madonna in trono col Bambino tra S. Bernardino da Siena e S. Francesco (1563) conservato al Museo Borgogna di Vercelli e detto Madonna del cane perché ai piedi della vergine-madre è raffigurato un cane volpino emblema della famiglia Volpe committente dell’opera – riprodotto sul francobollo della serie Le Festività emessa nel Natale 2021 e impiegato per l’annullo filatelico dedicato ai festeggiamenti per san Valerio a Occimiano nel 2022, che è un anno straordinario perché segnato da pandemia e crisi economica nel caos globale di una transizione epocale… come in quell’inverno in Monferrato, quando lo spirito del vescovo aragonese fece maturare il grano e sbocciare la prosperità.