La 63a edizione è l’evento clou nel ‘calendario 2024’ di Casale Monferrato, che con altre 20 località vitivinicole piemontesi quest’anno è stata designata CITTÀ EUROPEA DEL VINO, e l’appuntamento stagionale in cui nel 2024 si celebrano anche il 10° anniversario della designazione del Monferrato come un’area del sito seriale UNESCO PAESAGGI VITIVINICOLI e la 100esima ricorrenza della morte dell’enologo monferrino Federico Martinotti.  La kermesse si svolge in due fine settimana di settembre nel padiglione del Mercato Pavia, tradizionale sede della manifestazione che la prima volta venne organizzata 100 anni fa per iniziativa dell’enologo Arturo Marescalchi.

L’edizione del 2024 verrà inaugurata venerdì 13 settembre alle 18, con la cerimonia a cui partecipano le autorità cittadine e del territorio. Nella serata del 13, nei giorni successivi, sabato 14 e domenica 15 settembre, e nel weekend 20-21-22 settembre, 24 produttori del territorio offriranno oltre cento etichette di vini del Monferrato accompagnando 31 Pro Loco con più di cento ricette della cucina tipica monferrina.

Sperimentata con successo nella precedente edizione, la vendita di calici ecologici riutilizzabili all’insegna del claim Adottiamo Casale per la Festa del Vino è promossa dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Casale Monferrato in collaborazione con molte aziende e imprese e numerosi privati: «Abbiamo rinnovato l’iniziativa per offrire ai partecipanti della Festa del Vino l’opportunità di avere dei calici ecologici riutilizzabili – spiega l’Assessore Cecilia Strozzi – È un modo per diminuire l’impatto ambientale della manifestazione e, anche, avere a disposizione un piacevole ricordo dell’evento».

«La Festa del Vino del Monferrato UNESCO continua a crescere, come testimoniano gli ulteriori 500 posti a sedere che consentiranno maggiore afflusso e comfort per chi vorrà gustare i prodotti delle Pro Loco e dei produttori viti-vinicoli ospiti dell’evento – osserva il Sindaco di Casale Monferrato, Emanuele Capra – Enogastronomia, cultura e divertimento, con una serie di eventi di alta qualità come i concerti in Piazza Castello, che si accompagneranno anche a un impegno civile importante: si rinnova, infatti, l’iniziativa di successo del Piatto e della Bottiglia della Ricerca per sostenere le attività di ricerca scientifica del DAIRI sulle patologie ambientali e le malattie amianto-correlate. Nello stesso solco sarà T(r)esori, nuova iniziativa realizzata dall’Associazione Sostenitori Santo Spirito. Un’edizione particolarmente stimolante, quella che stiamo per vivere, nell’anno che vede Casale Monferrato CITTÀ EUROPEA DEL VINO con l’Alto Piemonte e il Gran Monferrato, celebrando, inoltre, un grande monferrino che ha rivoluzionato l’enologia a livello globale, Federico Martinotti».

Apparecchio per la rifermentazione dei vini Spumanti realizzato nel 1907 dal brevetto di Federico Martinotti del 1895 custodito presso il Museo Martini di Pessione TO.

«Con il Metodo Martinotti brevettato nel 1895 si produce la grande maggioranza degli spumanti in commercio a livello mondiale, sicuramente più di un miliardo di bottiglie ogni anno – spiega Andrea Desana, presidente del Comitato CASALE MONFERRATO CAPITALE DELLA DOC – Tra i grandi Spumanti di Qualità Italiani, solo per citare i più rinomati, il Prosecco, il Lambrusco e i monferrini Asti Spumante e Brachetto Spumante. La FESTA DEL VINO DEL MONFERRATO UNESCO sarà un momento importante per far conoscere la vita e le opere del grande villanovese famoso in tutto il mondo soprattutto per la sua invenzione del metodo di rifermentazione degli spumanti in autoclave o grandi contenitori».

Il libro pubblicato per l’occasione dall’associazione culturale VILLAVIVA di Villanova Monferrato verrà presentato domenica 15 settembre alle ore 10.30 al salone Marescalchi del castello cittadino in una conferenza aperta alla partecipazione del pubblico a cui interverrà il direttore editoriale del periodico IL MONFERRATO,  Pierluigi Buscaiolo, e Andrea Desana dialogherà con Stefano Ricagno, il Presidente del CONSORZIO DELL’ASTI SPUMANTE, sugli sviluppi della proposta di costituire un ente dedicato al vino spumante italiano e intitolato al suo ‘genitore’, l’Istituto Nazionale degli Spumanti Italiani di Qualità Metodo Italiano Martinotti.

I contenuti tematici di molti eventi nel programma della kermesse saranno sviluppati anche nel percorso euristico tracciato da una serie di iniziative dedicate al vino adesso in pianificazione e che comincerà a venire ‘praticato’ a ottobre, nell’ambito della fiera del verde e dell’agricoltura MONFERRATO GREEN FARM. Nel ciclo di mostre, incontri conviviali, seminari e corsi organizzati da numerosi partner della manifestazione tematica ‘spiccano’ i brindisi con degustazione del vino delle cantine di TENUTA SAN BERNARDO e ISTITUTO AGRARIO LUPARIA e l’esposizione della mostra internazionale mailart ‘vendemmiata’ dall’Associazione ECHORAMA con la X edizione del progetto culturale VOCI DI NOTTE, che nel 2024 ha sollecitato scrittori, poeti, artisti e creativi a comporre opere sul tema VITE/VINO.

Ad anticipazione degli argomenti su cui si focalizza l’attenzione del team MONFERRATO GREEN FARM e di partner e stake-holder coinvolti del progetto promosso dall’Associazione MADRESELVA con il patrocinio del Comune di Villadeati e in collaborazione con l’Agenzia D&N, che alla fiera del verde e dell’agricoltura MONFERRATO GREEN FARM sarà  presentato venerdì 11 ottobre alle 17,30 in occasione del vernissage delle mostre d’arte in esposizione e nel meeting in programma domenica 13 ottobre alle 20, si propone l’intervento del direttore scientifico della manifestazione, l’agronomo Giancarlo Durando, nelle pagine de IL MONFERRATO in occasione della FESTA DEL VINO DEL MONFERRATO UNESCO dell’anno scorso:

 

Protagonisti della Festa del Vino di Casale Monferrato sono i vignaioli e gli enologi monferrini, che allo stagionale evento cittadino propongono i classici dei terroir e le novità delle cantine e, insieme alle ProLoco, gli abbinamenti dei vini con le specialità della cucina tipica territoriale.

Gli antichi mestieri praticati nei molteplici campi dell’enogastronomia sono professioni ever-green, perennemente attuali e sempre in evoluzione. «Come ben detto dallo chef pâtissier Ernst Knam, nella filiera agroalimentare “non c’è innovazione senza tradizione”. Infatti from farm to fork, cioè dalla terra alla tavola, si parte dalle esperienze che i contadini si tramandano di generazione in generazione e si progredisce facendo tesoro delle sperimentazioni in varie discipline», precisa l’agronomo Giancarlo Durando, coautore del ricettario edito nel 2021 da Il Monferrato e direttore scientifico della nuova fiera del verde e dell’agricoltura che esordisce il 29 settembre prossimo.

Monferrato Green Farm attualizza i ‘classici’ mercati agricoli che riuniscono la gente dei territori rurali e ‘rinverdisce’ la memoria dei convegni agrari che nel XIX secolo radunavano a Casale Monferrato agronomi e scienziati di tutti gli stati italiani ed europei. Contestualmente alla rassegna di bancarelle e banchetti, propone un ciclo di seminari aperti alla partecipazione del pubblico a cui intervengono docenti e ricercatori di Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari e Centro Interdipartimentale per l’Innovazione in campo Agro-ambientale, dell’Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture e Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino, Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell’Università del Piemonte Orientale, ReSoil Foundation, Milan Center for Food Law and Policy e CREA – Consiglio nazionale per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria. Inoltre, una selezione di piante emblematiche del Monferrato, una mostra di opere d’arte, una collezione di opere mailart e una raccolta di disegni e fotografie che illustrano i ‘tesori della natura’ del Parco del Po Piemontese.

L’ingrediente essenziale di ogni prodotto enogastronomico tipico di un territorio è la cultura. Dalla sua produzione al suo commercio, si sfruttano i ‘frutti della conoscenza’ coltivati nei ‘campi’ dell’archeologia, dell’antropologia, dell’etnografia, della storia, della letteratura, dell’artigianato e delle belle arti: « La bontà del vino di un terroir e la bellezza dei vigneti che sagomano e dipingono i paesaggi vitivinicoli sono patrimoni che la natura genera generosamente, ma non spontaneamente! – rimarca Giancarlo Durando – Sono “frutti della terra” e “frutto del lavoro” di tante generazioni che hanno coltivato i terreni fertili con molte premure. Nelle etichette DOC, DOP, IGP, PAT e DeCo infatti le qualità dei prodotti sono attestate con esplicito e inequivocabile riferimento alla loro provenienza, indicativa delle loro caratteristiche e che sono stati realizzati con tecniche di lavorazione tradizionali».

Dalla coltivazione di uve, cereali, legumi, ortaggi e frutti all’allevamento del bestiame, dalla conservazione degli alimenti e alla loro trasformazione in cibi gustosi, le tradizioni tramandano molti saperi pratici: «Le “regole” della gastronomia contadina si possono riassumere in un principio, “nulla va sprecato”, e quattro precetti – annota Durando – Primo, utilizzare ogni parte degli animali allevati e dei vegetali coltivati. Secondo, nutrirsi anche di ogni “dono di madre natura”, cioè di tutti i beni commestibili cresciuti spontaneamente in campi, prati e boschi. Terzo, consumare quanto più possibile i “frutti della terra” nel periodo stagionale corrispondente a quello della loro maturazione e maggiore disponibilità. Quarto, usare parsimoniosamente ogni “cosa”, ad esempio l’acqua di cottura anche per innaffiare le piante e il calore della legna che alimenta camini e stufe anche per cucinare. Ogni ricetta della tradizione rurale documenta l’abilità dei contadini nell’ottimizzare tutte le risorse naturali di cui disponevano. Tale modo di pensare e agire recentemente è stato rivalutato, infatti l’idea della sostenibilità e le teorie dell’economia circolare riflettono i concetti dai contadini espressi con parole semplici, buon senso, in dialetto monferrino cunissiun».

«Storicamente, le evoluzioni delle civiltà sono correlate ai progressi dell’agricoltura – conclude Giancarlo Durando – L’etimologia della parola ‘colto’ nell’accezione di erudito e dei vocaboli ‘campo’ disciplinare e ‘seminario’ di studio lo indicano palesemente. Eppure, nonostante queste locuzioni lo ricordino, spesso dimentichiamo che tra agricoltura e cultura c’è un legame indissolubile e di cui si conserva memoria in molte tradizioni. Sagre, feste e fiere che una volta per gli abitanti delle campagne erano le uniche occasioni di fare scambi commerciali e incontri sociali adesso sembrano retaggi di un passato superato dal progresso tecnologico e dal cambiamento degli stili di vita. Ma in natura il tempo trascorre sempre al ritmo delle stagioni e i prodotti agroalimentari ed enogastronomici adesso sempre disponibili ai ‘vecchi tempi’ lo erano soprattutto o solamente in certi periodi dell’anno, perciò non casualmente nel calendario contadino il loro consumo in abbondanza coincide con quello delle festività, ricorrenze commemorative dei santi patroni delle comunità rurali e protettori degli agricoltori e delle attività e produzioni agricole. A queste manifestazioni i contadini vendevano le eccedenze dei raccolti stagionali, con il ricavato acquistavano attrezzi e accessori fabbricati dagli artigiani e si incontravano con i ‘colleghi’ che lavoravano e abitavano in altre cascine e insieme ai quali, oltre al vino e al cibo, condividevano le rispettive conoscenze sulle tecniche di produzione, conservazione e trasformazione dei beni alimentari».

IL VINO DEL GENIO ITALIANO – Nell’affresco al Cenacolo di Santa Maria delle Grazie è palesemente raffigurato un vino bianco prodotto in alcune aree del Monferrato, cioè la malvasia che il pittore produceva nel proprio vigneto. A corte degli Sforza un inventore anche delle spettacolari scenografie delle feste e dei banchetti, Leonardo da Vinci dal duca di Milano nel 1498 ricevette in dono una dimora attorniata dalla vigna piantata da Ludovico il Moro sette anni prima, con gli esemplari “provenienti dalla Candida isola”, allora una novità, incessantemente coltivata fino al 1943, quando fu abbattuta da un bombardamento.

 

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